Domino Letterario: Hotel Silence di Audur Ava Ólafsdóttir

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Ritorna il domino letterario, l’iniziativa che collega ogni blog attraverso la scelta di una lettura. Nel mio caso la mia scelta è ricaduta su un romanzo che volevo leggere da moltissimo tempo, ovvero Hotel Silence di Audur Ava Ólafsdóttir, pubblicato in Italia da Einaudi e tradotto da Stefano Rosatti.
Dopo aver letto “Hotel Silence” è rimasta soltanto una cicatrice, la consapevolezza che un romanzo così forse non lo ritroverò mai più.

Pagine: 188

Acquistalo subito: Hotel Silence

Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Traduzione: Stefano Rosatti

Prezzo: € 18,50

Jónas ha quarantanove anni e un talento speciale per riparare le cose. La sua vita, però, non è facile da sistemare: ha appena divorziato, la sua ex moglie gli ha rivelato che la loro amatissima figlia in realtà non è sua, e sua madre è smarrita nelle nebbie della demenza. Tutti i suoi punti di riferimento sono svaniti all’improvviso e Jónas non sa più chi è. Nemmeno il ritrovamento dei suoi diari di gioventù, pieni di appunti su formazioni nuvolose, corpi celesti e corpi di ragazze, lo aiuta: quel giovane che era oggi gli appare come un estraneo, tutta la sua esistenza una menzogna. Comincia a pensare al suicidio, studiando attentamente tutti i possibili sistemi e tutte le variabili, da uomo pratico qual è. Non vuole però che sia sua figlia a trovare il suo corpo, e decide di andare a morire all’estero. La scelta ricade su un paese appena uscito da una terribile guerra civile e ancora disseminato di edifici distrutti e mine antiuomo. Jónas prende una stanza nel remoto Hotel Silence, dove sbarca con un solo cambio di vestiti e la sua irrinunciabile cassetta degli attrezzi. Ma l’incontro con le persone del posto e le loro ferite, in particolare con i due giovanissimi gestori dell’albergo, un fratello e una sorella sopravvissuti alla distruzione, e con il silenzioso bambino di lei, fa slittare il suo progetto giorno dopo giorno…

 

“Era come se avesse sempre qualche ferita aperta… sempre preoccupato che gli uomini non fossero buoni abbastanza gli uni con gli altri.”

Il sole torna a giocare a nascondino, portandoci un briciolo di estate e poco dopo un po’ di autunno, il vento solleva solletica la corteccia degli alberi e alcune foglie cadono e vengono trasportate dal vento e giungono fino a qui, in giardino. È quasi surreale, un po’ come se avesse capito l’atmosfera che si respira fra le pagine di questo romanzo.

Source: Pinterest

La prima parola che mi viene in mente per descrivere questo romanzo è immenso. L’Islanda mi ha sempre dato l’impressione di essere vasta ed è allo stesso tempo è come se questo suo essere sconfinata metta in risalto la vulnerabilità di un essere umano, che agli occhi della natura selvaggia non ha veli e questo spaventa un po’.

Dopo aver letto “Hotel Silence” è rimasta soltanto una cicatrice, la consapevolezza che un romanzo così forse non lo ritroverò mai più.

Lo stile di Audur Ava Ólafsdóttir non è uno di quelli che si dimenticano facilmente, è lacerante e penetrante, riesce a risultare leggera come una piuma e allo stesso tempo dolorosa come una spina conficcata nella carne, che si rifiuta di uscire per paura di essere dimenticata ed è in quel momento che il dolore assume una forma diversa, ovvero ci ricorda che siamo vivi quel tanto che basta per prendere una decisione drastica.

A volte non siamo noi a scegliere i romanzi, in qualche modo sono loro a scegliere e noi e regalarci emozioni uniche a cui abbiniamo un ricordo positivo o negativo, nel mio caso l’esperienza si è rivelata fantastica, era un po’ come trovarsi dentro una stanza insonorizzata e percepire le parole in tutta la loro intensità; una volta che mi sono riaffacciata di nuovo sul mondo ogni suono giungeva ovattato, come se avessi avuto la testa isolata dal tutto il resto, in una bolla fatta dei miei pensieri.

Il tempo di formazione delle cicatrici varia a seconda dei casi, così come varia è la loro profondità. Alcune cicatrici sono più profonde di altre.

Source: Pinterest

È strano come il talento di Jónas Ebeneser sia quello di riparare le cose ma che non riesca a sistemare la sua vita ormai alla deriva. Ha alle spalle un matrimonio fallito e l’unica grande gioia della sua vita, ovvero sua figlia, alla fine del percorso si è scoperto non essere sua, ciò nonostante l’amore che nutre per lei non è mai sfumato, anzi l’opposto. Se aggiungiamo che la madre del protagonista comincia a mostrare i primi sintomi di demenza senile vi renderete conto che la vita di Jónas non è semplice, dentro di lui comincia ad espandersi un vuoto incolmabile, che non cerca di riempire ma che vuole a tutti i costi soffocare mettendo fine alla sua vita.

L’infelicità del protagonista infesta la sua esistenza. Ogni giorno è un buon giorno per morire, ma qualcosa devia le sue intensioni: un vicino ficcanaso o la telefonata di sua madre che gli racconta storie trite e ritrite. Neanche l’aver rivenuto frammenti della sua gioventù, diari di quando era ancora ragazzo, allevia le sue sofferenze, semmai gli ricorda che è ora di mettere da parte i sogni e le speranze.

Il romanzo ruota attorno al disperato desiderio del protagonista di mettere fine alla sua esistenza, snodandosi attraverso una serie tentativi di suicidio andati a vuoto, ognuno dei quali mostra una piccola indecisione nelle intensioni di Jónas, come se fosse pronto per fare il salto ma allo stesso tempo non è sicuro di essersi scrollato di dosso tutti i motivi per continuare a vivere.

Source: Pinterest

All’Hotel Silence il protagonista spera di trovare finalmente la giusta risoluzione, di riuscire a lasciarsi tutto alle spalle, senza dimenticare conti in sospeso o senza farsi distrarre dalla vita che si sforza di ricordargli quanto sia importante continuare a vivere.

L’edificio si presenta in tutta la decadenza, un po’ come Jónas, le assi di legno scricchiolano, gli sportelli cadono, è chiaro che l’hotel ha bisogno di manutenzione e di qualcuno che possa prendersene cura e qui il romanzo sboccia in tutta la sua bellezza, mostrando come alle volte per tornare a vivere basti semplicemente incrociare le persone giuste.

L’Hotel Silence è un reietto sopravvissuto agli orrori della guerra e i suoi ospiti mostrano al protagonista tutte le loro fragilità, i bagagli emotivi pesanti che si portano dietro da anni ed è aggiustando poco per volta ogni piccola cosa che si trova a domandarsi come sia possibile non riuscire a trovare il tempo per morire.

Un hotel diventa una metafora della vita quando lo sfiora la morte, ma soprattutto di rinascita, un nuovo punto di partenza che aiuta Jónas a vedere il mondo con occhi diversi, cogliendo le diverse sfumature di grigio che ci sono fra il bianco e il nero.

Il silenzio salverà il mondo, ma ciò che salva veramente una vita è il ricostruirla da zero, riportando agli antichi splendori tutte le cose che ci siamo lasciati alle spalle, un po’ come quando si restaura un vecchio orologio, bisogna lucidarne ogni parte e riparare ciò che si è rotto, riportandolo a ticchettare come faceva un tempo.

Gli orrori della guerra si intrecciano alla vita di Jónas che alla soglia dei suoi cinquant’anni si rende conto che la sua sofferenza, confrontata con quelle degli altri ospiti dell’hotel risulta di poca sostanza, ma allo stesso tempo è importante non lasciarla a sé stessa, ma accompagnarla verso un nuovo orizzonte.

“Hotel Silence” è un luogo inaspettato, dove il silenzio è la parola più tagliente che si possa udire fra le sue mura.

“Dunque vado.
All’incontro con me stesso.
Con il mio ultimo giorno.
Dò l’addio a ogni cosa.
I crochi si sono dischiusi.
Dietro me non lascio nulla.
Dalla luce che tutto circonda mi incammino verso il buio.”

Le tappe del domino di questo mese

 

Quanto più ci innalziamo, tanto piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.

 

 

 

 

May the Force be with you!
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